Vibo, Rifondazione Comunista: “Politica regionale si riflette sul territorio, giunto il momento di intraprendere nuove strade”

"Da ormai diversi mesi la politica regionale e provinciale si attarda con ostinazione in un macabro balletto, noncurante delle tragiche conseguenze che ciò potrebbe comportare. Prima la farsa delle dimissioni del presidente della regione poi l'eterna commedia delle primarie del Pd, hanno di fatto prodotto come unico effetto visibile l'aggravarsi irreversibile delle condizioni di vita dei calabresi. Tra una condanna e una candidatura, nessuno si è mai neanche preoccupato lontanamente di informarsi sullo stato di salute di questo malato terminale che è la Calabria con i suoi cittadini. Eppure, ognuno dei soggetti che in questi giorni riempiono le pagine dei giornali, e che a breve riempiranno con le loro facce le nostre case e i muri delle nostre città, dovrebbe almeno teoricamente preoccuparsi di guarire".

Lo scrivono Renato Giannini (Comitato politico nazionale Partito della Rifondazione Comunista), Antonio Callà (Comitato politico regionale Partito della Rifondazione Comunista) e Holmo Marino (Comitato politico federale Vibo Valentia Partito della Rifondazione Comunista).

"Quanto accaduto nei giorni scorsi in occasione delle elezioni provinciali di Vibo Valentia e che appare ormai come metodo diffuso in tutta Italia, evidenzia in modo drammatico le cause di questo stato di cose maturato in un "unicum" politico rispetto al quale un atteggiamento critico e diffidente rischia di diventare la base minima di partenza per ogni relazione di semplice confronto. Dalla nomenclatura delle candidature alla compatibilità di opzioni politiche palesemente contrapposte e divergenti, non si riesce a comprendere sulla base di quali elementi potrebbe essere possibile riconoscere quel terreno, il terreno degli accordi con la destra, il terreno dell'"accorduni" a livello locale e delle politiche antisociali, dello smantellamento dei diritti del lavoro, della privatizzazione di beni comuni, della riduzione degli spazi di democrazia a livello nazionale, come il terreno del cambiamento e del confronto.

Anche e soprattutto dal punto di vista elettorale è giunto il momento di intraprendere nuove strade. Il discorso di unità che si è aperto a sinistra dopo l'importante risultato conseguito in occasione delle elezioni europee deve essere portato avanti con convinzione anche e soprattutto a livello locale ed in occasione delle ormai imminenti elezioni regionali.

L'era del centrosinistra è finita ormai da tempo ed anche piuttosto malamente. Bisogna vivere in un altro mondo per pensare che esista ancora il centrosinistra o la possibilità di rifondarlo. Chi si attarda in questo non solo è velleitario ma semina confusione e disorientamento politico. La sinistra o torna in campo con un suo progetto autonomo, chiaro, in opposizione e in alternativa alle politiche neo liberiste di devastazione sociale, oppure non è. Basta posizioni altalenanti: non si può stare con Tsipras a livello europeo e con Renzi a livello nazionale e regionale, anche se ci si allena in quell'esercizio di stile che è la critica al proprio alleato a cui di fatto si è subalterni . Non c'è più tempo e non c'è più spazio politico per confrontarsi con un' idea che vorrebbe livellare eternamente al ribasso la politica, riconducendola a mero accordo di potere o addirittura di "sottopotere".

Di questa situazione dobbiamo farcene carico con l'idea che per riprendersi e rigenerarsi la sinistra non può rimanere un'idea campata in aria, confinata al solo orizzonte della politica astratta, mentre i rapporti sociali e l'immaginario collettivo vengono modellati dai poteri dominanti. La riapertura di una prospettiva di sinistra, tanto più in una fase di crisi, non può che andare di pari passo alla ripresa del conflitto e ad una pratica della trasformazione sociale. Questo progetto va ricostruito in modo quanto più inclusivo possibile e sulla base del pieno riconoscimento dell'apporto plurale di tante soggettività sociali, politiche, anti liberiste, anti capitaliste, ambientaliste e di sinistra. Per non rimanere lettera morta, questo progetto deve essere fondato sul lavoro politico e sociale, deve tornare a praticare il terreno privilegiato delle lotte contro i licenziamenti, l'attacco ai diritti sociali, le privatizzazioni, le grandi opere, la distruzione del territorio, e non come unico giro di giostra delle primarie. Nella consapevolezza delle difficoltà che la fase sociale comporta e dei limiti enormi che la legge elettorale pone, noi di Rifondazione Comunista insieme a tanti altri, siamo da tempo al lavoro per creare un'opzione credibile che possa vivere fuori dal recinto del centrosinistra Pd-centrico, e sulla base di questo progetto saremo presenti anche alle elezioni regionali. Certi che solo aprendosi alla società calabrese, alle intellettualità e ai movimenti sociali e territoriali sarà possibile far rivivere, la prospettiva reale di una Calabria radicalmente diversa. C'è vita al di fuori della narrazione tossica della governabilità e il cambiamento reale della Calabria val bene quest'altra difficile avventura".