La lettera aperta della Cgil: “Non sottovalutare il clima di intimidazione ‘ndranghetista che si è creato”

Questi i contenuti di una lettera aperta alle Istituzioni e ai cittadini, che la Segreteria Cgil Rc-Locri ha scritto affinchè non venga sottovalutato il clima di intimidazione 'ndranghetista che si è creato:

Gentile Direttore,
con questa lettera vogliamo esprimere la nostra preoccupazione rispetto all'acuirsi di fenomeni di stampo 'ndranghetista che minano, nel nostro territorio provinciale, valori fondamentali quali la libertà e la legalità, ampliando di fatto un clima di velata e pesante presenza della 'ndrangheta.
Di una 'ndrangheta che agisce, permane e persiste appropriandosi di usi e costumi popolari che cerca di trasformare in forme di prevaricazione mafiosa.

Proprio per questo, ci appelliamo alle Istituzioni, alle forze dell'ordine, alla Magistratura e alla società tutta affinché episodi di tal genere non vengano sottovalutati.

Stiamo assistendo, invero, a fatti di crescente allarmante gravità che ci portano a fare una riflessione a tutto tondo su dinamiche che, da sempre, fanno parte della nostra storia e della nostra cultura: il simbolismo delle tradizioni e dei costumi di un Popolo appartiene al Suo Popolo, non a chi ne fa abuso e se ne appropria indistintamente per trasmettere messaggi "illegali".
Stiamo parlando dei cosiddetti "inchini" durante le processioni religiose e di episodi intimidatori come quello accaduto a Giuseppe Trimarchi, giovane impegnato sui temi della legalità e dell'accoglienza, autore del libro "Calabria ribelle" e vittima, nei giorni scorsi, di un atto grave di prevaricazione.
Un episodio che non può e non deve passare sotto silenzio, su cui è necessario mantenere alta l'attenzione e che non dev'essere non sottovalutato. Un atto di intimidazione che lo stesso giovane ha denunciato, decidendo così di non abbassare la voce.
Un percorso che lo scrittore-attivista ha intrapreso e che noi sosteniamo e sosterremo.
È fondamentale, quindi, che le forze dell'ordine e la Magistratura facciano luce su quanto accaduto, affinché fatti di così estrema gravità non si ripetano.

Si tratta di casi in cui non solo è venuto meno il senso di "festa" vero e proprio, ma soprattutto un momento di tradizione popolare si è trasformato in uno strumento a uso della 'ndrangheta e dei suoi sodali.
In questo periodo estivo, nel corso del quale le feste ludico-popolari e/o organizzate da varie associazioni in diversi paesi della nostra provincia diventano momenti di aggregazione, di condivisione e di socialità, non possiamo permettere che la 'ndrangheta sia capace di usarli a proprio consumo. Un ballo-simbolo di antiche tradizioni popolari, come la tarantella, che fa parte della nostra Storia, non può e non deve divenire un mezzo attraverso cui la 'ndrangheta esprime una qualsiasi forma di supremazia, ma deve riappropriarsi del suo senso originario.

Per noi è inconcepibile che, dopo quanto avvenuto con i cosiddetti "inchini" durante le processioni religiose, la criminalità organizzata si appropri di elementi che fanno parte della nostra cultura, per trasformarli in veicoli della propria forza.
Quando parliamo della cultura della legalità, ci riferiamo anche a questo.
Legalità è un gesto che si compie giornalmente.
È un messaggio che cerchiamo di trasmettere proprio a partire da momenti di "vita normale".
È fondamentale che la cultura della legalità passi attraverso l'educazione, la formazione e l'informazione.
Proprio per questo, Cgil, Flai Cgil e Spi Cgil insieme con Arci e Libera, promuoviamo ogni estate i Campi della Legalità in tutta la Calabria, cercando di riappropriarci di luoghi-simbolo.
Lo facciamo perché coscienti della pervasività e del ruolo della 'ndrangheta nella nostra società. Quando spieghiamo che lo 'ndranghetista non è più il vecchio raffigurato con la coppola e il bastone lo facciamo per un semplice motivo: perché spieghiamo quanto potente e pressante sia l'influenza della 'ndrangheta che si infiltra nei diversi gangli della società, corrompendoli dall'interno e corrodendo il sistema.

Episodi come le minacce ricevute da diversi giornalisti che hanno denunciato, attraverso i propri articoli, la presenza di infiltrazioni 'ndranghetiste in vari ambiti della società; o ancora, la lotta quotidiana di chi è costretto a vivere sotto-scorta contro la criminalità organizzata, affrontando giorno per giorno un percorso in salita per l'affermazione della legalità, sono tutti atti di allarmante gravità e che si legano l'uno all'altro, nutrendo un clima che - come un incendio - divampa, lasciando solo scheletri vuoti dopo il suo passaggio.
Ed è questo ciò che la 'ndrangheta sta facendo nel nostro territorio: sta assottigliando ogni libertà, soffocando il diritto alla critica, mettendo nell'angolo chi non è d'accordo. E non lo fa con le armi, ma con altri strumenti più pervasivi e dominanti.

Come Organizzazioni sociali - da sempre al fianco di chi combatte quotidianamente contro la 'ndrangheta e in difesa di valori fondanti quali la libertà, l'uguaglianza e la giustizia sociale - riteniamo che le forze istituzionali debbano vigilare affinché le feste popolari o religiose non diventino espressione di supremazia mafiosa, ma si riapproprino del senso originario che le ha sempre caratterizzate quali momenti di comunità.