Ecco la prima diretta Facebook promossa sulla pagina “Rinascita Partito Comunista Italiano Calabria”

"Il diritto alla salute al tempo del Covid19: con questo titolo si è svolta la prima diretta facebook promossa sulla pagina Rinascita Partito Comunista Italiano – Calabria.

Con questa discussione in diretta streaming il Movimento per la Rinascita del PCI e l'Unità dei Comunisti ha dato avvio ad una serie di appuntamenti in diretta sui social volti a sviluppare una analisi della crisi prima sanitaria e poi socio-economica provocata dal Coronavirus.

E' andato tutto bene? Il sistema sanitario italiano è stato all'altezza? A nostro avviso sono emerse notevoli carenze e gravi falle nel nostro Servizio sanitario. La pandemia, ad oggi, ha provocato ufficialmente oltre 34.000 morti e quasi 250.000 persone contagiate.

Per una analisi compiuta è opportuno ritornare alla Legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, (la Legge n. 833\1978. Sono gli anni del progresso civile e democratico; prosegue ancora la spinta verso il miglioramento sociale che ha avuto avvio nel dopoguerra e che ha le radici profonde nella Costituzione italiana. In fondo, la costituzione del Servizio Sanitario nazionale è stata l'attuazione dei principi costituzionali (art. 32, 37 e 38). In maniera schematica possiamo dire che, all'epoca, era stato creato un modello di Sanità universale, pubblica e gratuita.

Negli ultimi 30 anni, invece, abbiamo registrato un percorso esattamente inverso: sempre più spazio alla sanità privata e sempre meno fondi alla sanità pubblica (a seguito della crisi economica del 2008 i bilanci dello Stato hanno sottratto ben 37 miliardi), fino ad arrivare ai giorni nostri in cui la sanità privata, è diventata una lobby potente e la sanità pubblica è sempre più compressa e non è più gratuita così escludendo esclude una fascia di cittadini, sempre più ampia, che non avendo disponibilità economica rimangono emarginati; non si possono curare.

La riforma del Titolo V^ della Costituzione nel 2001 ha determinato il trasferimento della delega sulla gestione della sanità alle Regioni,: ciò ha creato un divario sempre più grande tra la sanità delle Regioni del Nord e quelle del Sud; nel sud abbiamo ormai sistemi sanitari quasi sempre di seconda linea (nonostante al Sud vi siano molte eccellenze sanitarie) e con le ali tarpate da continui commissariamenti; Commissari che hanno badato (con pessimi risultati) solo al contenimento della spesa e non invece alla crescita del sistema sanitario in termini di qualità e di competenze. Questo è quanto è successo in molte regioni meridionali negli ultimi 10 anni.

Non c'è più una direzione strategica unitaria ma 20 modelli tra di loro diversi e spesso in competizione.

Mancando dal Parlamento le organizzazioni partitiche che avevano costituito il traino delle conquiste civili, il sistema sanitario più privato meno pubblico si è consolidato.

Consolidato ma non inamovibile; tant'è che oggi in molti, anche i più strenui sostenitori di quel sistema oggi hanno dei ripensamenti; anzi proprio quanto è successo in Lombardia dove le statistiche registrano la metà dei decessi e dei contagi nazionali (la tanto decantata Regione dalla sanità efficiente è in realtà crollata davanti alla pandemia che ha messo a nudo un sistema basato sul privato del tutto impreparato ad affrontare una pandemia); un sistema che si occupa solo di quella parte della sanità utile a creare business tralasciando quella parte pur essenziale che invece non crea guadagni, come può essere la medicina di base.

Orbene, tutto questo ci dice che è – adesso e subito accendere i riflettori sul pianeta sanità e noi ci riteniamo legittimati a tale problematica. Anzi, una delle ultime battaglie che abbiamo messo in campo con il PCI (sicuramente in Calabria ed in Sicilia) è stata la "Petizione per una sanità pubblica, gratuita e di qualità". L'abbiamo svolta con grande convincimento; con banchetti posti davanti agli ospedali calabresi, raccogliendo migliaia di firme, rendendoci conto che le fasce deboli della popolazione aspirano ad un ritorno di quel sistema introdotto dalla legge 833\1978.

Noi pensiamo che l'uscita dalla crisi pandemica va organizzata con scelte volte ad un welfare sanitario a misura di tutti senza distinzione tra ricchi e poveri. E per questo pensiamo che la strategia complessiva della tutela della salute debba ritornare in capo allo Stato e implementare la sanità pubblica: "Sanità ospedaliera" e "Sanità del territorio", in rete e complementari; cioè un sistema improntato ad una integrazione razionalizzata e programmata tra le due forme di sanità. Investire sulla Sanità è un obbligo costituzionale ma è anche la cifra di un paese civile.

E poi, invertire la tendenza, riaprendo gli ospedali periferici chiusi nel decennio scorso che ha spogliato i cittadini delle periferie da una sanità di prossimità come è giusto che sia.

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Va pianificata una strategia che razionalizzi e spalmi su tutto il territorio la presenza di presidi ospedalieri in grado di dare quantomeno una prima risposta al cittadino che ha bisogno di curarsi.

In questo senso la riqualificazione degli ospedali periferici và coordinata con la sanità territoriale.

E allora va – finalmente – posto con forza uno dei punti nodali di una svolta per una migliore sanità: il personale. Siamo alla politica della "non scelta". Da anni ed anni si sapeva che il personale sanitario era – ed è – insufficiente. Tuttavia si è persistito nella miope prorogatio del numero chiuso in medicina e poi nelle scuole di specializzazione. La "quota 100" ha messo a nudo il problema e di colpo ci siamo ritrovati senza medici, senza biologi, senza chimici. Ospedali sguarniti. Intere zone vuote di medici del territorio. Quindi programmare in maniera intelligente il futuro, aumentando il numero dei posti di medicina nelle università; e parallelamente i posti nelle scuole di specializzazione. Ed ancora, subito la stabilizzazione dei tanti precari, che da anni, rimangono nel limbo nel silenzio generale. I dati che lascia la Pandemia dicono che dobbiamo ripensare il sistema delle residenze per anziani e delle strutture di ospitalità dei malati mentali. Quanti anziani ricoverati nelle RSA sono deceduti in questo periodo; una vera strage!

Questo comparto, lasciato in mano ai privati ha messo a nudo un vero e proprio razzismo generazionale come se fosse una colpa essere anziani. Questa riflessione ci deve dare lo spunto per affrontare un ulteriore tema: quello della emigrazione sanitaria. Un continuo spostarsi di cittadini del sud che vanno a curarsi a Nord con enorme dispendio di risorse economiche e con la sottrazione di quote importanti del fondo sanitario delle regioni interessate.

Solo nel 2016, come documentato dal GIMBE, sono stati spostati dal Sud al Nord per spese di emigrazione sanitaria, spesso nelle strutture private, circa 4,15 miliardi di euro: una somma enorme che se rapportata agli ultimi dieci anni arriva a circa 40 miliardi di euro che dal Sud sono andati al Nord nel settore della sanità. E' un'emorragia di risorse insopportabile che va immediatamente bloccata. Con quelle risorse si possono costruire gli ospedali che nel sud mancano, si possono acquistare attrezzature scientifiche tecnologicamente avanzate e si possono assumere medici e personale per realizzare finalmente una sanità che possa garantire il diritto alla salute per tutti i cittadini che non possono più continuare ad essere cittadini di serie b.

Ed infine, occorre che ogni Regione attivi il "Registro delle malattie leucemiche e tumorali".

È necessario creare una banca dati che indichi le dinamiche di queste gravissime patologie; anche perchè molto spesso l'aumento dei casi si lega a dei disastri ambientali (vedi la terra dei fuochi a Napoli o l'ILVA a Taranto)". Lo afferma il movimento per la rinascita del Pci e l'unità dei comunisti.