Le mani della ‘ndrangheta sull’Umbria, Lombardo: “Boss continuano a controllare affari dal carcere”. Gratteri: “Cosche investono da Roma in su”

conferenza infectio"Siamo riusciti a coordinare bene e rinvigorire l'asse tra le Procure di Catanzaro e Reggio Calabria che e' molto importante. L'indagine ha coinvolto tre squadre Mobili, Catanzaro, Reggio Calabria e Perugia, confermando la ricchezza della 'Ndrangheta che investe da Roma in su". Lo ha detto il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, commentando le operazioni "Infection" e "Core Business", contro gli affari della 'Ndrangheta in Umbria. Nel corso della conferenza stampa che si e' svolta a Catanzaro, anche il procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, ha sottolineato "l'importanza delle indagini" e il "ruolo della famiglia Commisso, storicamente una delle principali della 'Ndrangheta". Nel polifunzionale della Polizia di Stato, alla presenza del questore Amalia Di Ruocco, il procuratore vicario della Dda di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, ha ribadito che "anche i professionisti umbri si rivolgevano ai rappresentanti delle cosche calabresi per risolvere i propri problemi", confermando una presenza capillare sul territorio della malavita, mentre il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha aggiunto che "la 'Ndrangheta utilizza modelli espansionistici sia in Italia che all'estero". Tesi confermate dal capo della squadra Mobile di Perugia, Carmelo Alba, il quale ha aggiunto che "alcuni degli indagati si interessavano alle vicende politiche e amministrative di Perugia durante le precedenti elezioni a quelle tenute nel 2019".

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"I boss della 'ndrangheta continuano controllare i propri affari anche se detenuti in carcere, comunicando continuamente con l'esterno" ha poi svelato Lombardo, spiegando che a riferire questi retroscena e' stato "il collaboratore campano Cipriano D'Alessandro, ex componente dei Casalesi, sentito dalla Procura di Reggio Calabria nell'ambito di alcune indagini".
D'Alessandro e' stato detenuto in carcere sia con Cosimo Commisso, al centro dell'indagine odierna, sia con un altro boss calabrese, Giuseppe De Stefano, ed avrebbe permesso di "acquisire informazioni sulla inidoneita' del regime carcerario - ha detto il procuratore aggiunto di Reggio Calabria - consentendo alla 'ndrangheta di proseguire il controllo e continuando a comunicare con l'esterno".