“Fare Ambiente”, Cinzia Panuccio responsabile Sud sezione “Laudato Si’”

Il 15 giugno scorso a Lamezia Terme, a margine di un significativo convegno sulla resilienza ambientale, Cinzia Panuccio è stata formalmente nominata responsabile per il Mezzogiorno della sezione "Laudato si' " del Movimento ecologista europeo Fare Ambiente dallo stesso presidente nazionale del movimento, l'eminente costituzionalista Vincenzo Pepe che, alla Seconda università di Napoli, insegna anche Diritto dell'ambiente italiano e comparato ed è autore di numerose pubblicazioni intorno all'ambientalismo «realista e responsabile», oltre che presidente della fondazione "Giambattista Vico".

Nei suoi interventi nel corso del convegno, Cinzia Panuccio ha sviscerato i temi dell'enciclica "Laudato Si' ", appunto – strutturata in 192 pagine, per 6 capitoli composti da 246 paragrafi più due preghiere – partendo dall'invettiva di Papa Francesco: «Abbiamo maltrattato il pianeta», cioè quella Terra evocativamente denominata «la Casa comune».

«Noi siamo solo i custodi di questa madre Terra – è risuonata la considerazione della Panuccio –, non sfruttatori egoisti: uno sfogo, questo, contro una globalizzazione neo-mercatista che ha e ha sempre avuto una visione "finanziaria" della Terra. La stessa che evidenzia una lesione dei rapporti umani, che immancabilmente oggi, nonostante i progressi della comunicazione, ne mortifica l'essenza».

Il rischio è dunque l'«indifferenza totale» anche a fronte dei gravissimi pericoli connessi alla contaminazione del nostro ecosistema.

Ecco allora il richiamo della neoresponsabile Mezzogiorno della sezione "Laudato Si' " di Fare Ambiente al paragrafo 177 dell'enciclica: «Dinanzi alla possibilità di un utilizzo irresponsabile delle capacità umane, sono funzioni improrogabili di ogni Stato quelle di pianificare, coordinare, vigilare e sanzionare all'interno del proprio territorio». E poi, ancòra: «...Esiste una crescente giurisprudenza orientata a ridurre gli effetti inquinanti delle attività imprenditoriali. Ma la struttura politica e istituzionale non esiste solo per evitare le cattive pratiche, bensì per incoraggiare le buone pratiche, per stimolare la creatività che cerca nuove strade, per facilitare iniziative personali e collettive», è la parola di papa Jorge Mario Bergoglio.

In questa stessa direzione, non si può non rilevare che «parliamo di case inquinate e della "cultura dello scarto" con una realistica rassegnazione, quasi compiacimento, perché noi ci sentiamo i padroni assoluti: fabbricanti d'illusioni!, questo siamo». Ecco perché nella visione del Pontefice lo sguardo costante ai poveri, «prime vittime inconsapevoli dello sfruttamento della nostra Terra»: per lottare pro-attivamente contro il perfido stato delle cose occorre «una nuova visione d'inclusione sociale, lontana dai profitti che – evidenzia Cinzia Panuccio –, come li definisce Padre Bergoglio, sono una distorsione concettuale dell'economia: noi non siamo Dio, siamo simili, creati a Sua immagine e somiglianza, ma non siamo Lui».

Così la Panuccio, destreggiandosi tra i numerosi passaggi dell'enciclica che fanno diretto riferimento all'ambiente e all'impellente necessità di una sua strettissima tutela, osserva che «la politica del territorio ha assunto un ruolo rilevante in quanto vincola e guida le scelte d'urbanizzazione, di sviluppo agricolo e industriale e di mantenimento degli ecosistemi. Il territorio diviene un soggetto da governare. Ogni intervento presuppone l'esistenza di uno schema teorico sul modo di funzionamento del sistema-territorio, una precisa valutazione degli obiettivi perseguiti e una valutazione dei tempi» in cui pervenire alla realizzazione teleologica ipotizzata.

Per riuscire nel disegno, tracciati numerosi "macrotemi": dalla tutela della biodiversità alla tutela del debito ecologico dal Nord al Sud, dalla mancanza del rispetto della dignità alla massimizzazione della produzione fino all'esigenza ineludibile di tributare la giusta, ingente importanza a famiglia, scuola, quartiere, catechesi e cittadinanza nel suo insieme.

Giusto allora, è la riflessione di Cinzia Panuccio per Fare Ambiente, vivere col «cuore colmo di speranza»: e questo benché «ci siamo dimenticati che la relazione tra uomo e Terra è una cosa naturale, non è una scelta ma una "missione", proprio noi che dovremmo custodirla. Mentre noi abbandoniamo la nostra Terra al degrado supponendo che la cosa non ci riguardi e che tocchi alle Istituzioni intervenire, nel resto del mondo invece ci si preocccupa di modificare quel tremendo disinteresse creato negli ultimi decenni».

Nel solo Mediterraneo, osserva la Panuccio, «vengono riversate 33mila bottigliette al minuto, 570mila tonnellate di plastica ogni anno, 550 al secondo, 5 kg di plastica ogni chilometro, con un danno complessivo che s'aggira intorno ai 641 milioni di euro l'anno»: ma in molti Paesi europei da tempo si fronteggia questo scempio con oculate politiche ecologiche, e ad esempio in Norvegia da circa 7 anni viene riciclato il 97% delle bottiglie di plastica, in Corea del Sud l'acqua piovana viene raccolta per pulire le strade attraverso un sistema idraulico, mentre a Dubai (Emirati arabi uniti) ha preso avvio la "Città sostenibile" forte di 40mila pannelli solari distribuiti su 500 villette e 89 appartamenti, acqua filtrata e riciclata, prodotti "km zero" sempre freschi, col chiaro obiettivo di costituire una start-up da emulare in ogni angolo del pianeta.

E quanto all'Italia, è nata nel nostro Paese la prima pellicola di cera d'api, olio di jojoba, cotone (progetto "Apepak") che sostituisce la pellicola usa-e-getta utilizzata in cucina, può essere riutilizzata fino a cento volte ed è completamente biodegradabile, mentre dall'Istituto di Bio-robotica della Scuola superiore di Sant'Anna di Pisa arriva il "robot-granchio" per ripulire i fondali da plastiche e microplastiche, che per 8 tonnellate l'anno finiscono nel "mare nostrum" lì dove mai scompariranno, senza l'ausilio di queste sofisticate tecnologie.

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In definitiva, sottolinea la dirigente del movimento Fare Ambiente, «custodire, proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare e responsabilizzare sono verbi che devono diventare nostri, ci devono appartenere come la nostra "Madre Terra". Senza dimenticare – è il monito – che c'è un solo proprietario della nostra Terra: Dio».