"Aemilia", ex direttore Catasto: "Scarpino mi presentò Delrio". Ciconte: "'Ndrangheta qui da anni '70"

Quando il primo marzo del 2009 prese servizio a Reggio Emilia, il nuovo direttore del catasto Potito Scalzulli trovo' una gestione dell'ufficio pubblico piu' simile a quella di un "suq" arabo. Arrivando a scoprire nei successivi 3 anni (nel 2012 e' andato in pensione mentre ora e' assessore del Comune di Galeata nel forlivese) 22 casi di capannoni industriali (ma "sarebbero centinaia"), l'ultimo dei quali appurato personalmente, in cui la rendita catastale era stata modificata al ribasso procurando cosi' un vantaggio fiscale ai proprietari degli immobili. Irregolarita' che il funzionario, ascoltato oggi come testimone della Corte nell'aula reggiana del processo Aemilia, denuncio' con esposti ai suoi superiori regionali e nazionali. In risposta questi ultimi non solo non lo presero in considerazione, ma gli consigliarono di smetterla. Inoltre le draconiane misure di riorganizzazione che Scalzulli mise in atto per arginare la gestione "promiscua", "inadeguata" e "autonoma" (da parte degli addetti) di accettazione delle pratiche edilizie, portarono ad una campagna diffamatoria nei suoi confronti, contrassegnata prima da una serie di lettere anonime che lo accusavano di peculato e abuso d'ufficio, per culminare con minacce ai suoi figli. Il tutto, come Scalzulli ha riferito anche in commissione Antimafia dove e' stato ascoltato nei mesi scorsi, ad opera secondo lui di un vero e proprio "sistema" radicato nel catasto reggiano. Nella sua testimonianza pero' il dirigente, seppure diverse volte incalzato dal giudice Francesco Maria Caruso, non ha saputo delineare con chiarezza i rapporti tra l'ufficio che dirigeva e i membri della presunta cosca di 'ndrangheta cutrese imputati nel processo.

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Potito Scalzulli, direttore del catasto di Reggio Emilia dal 2009 al 2012, fu presentato appena arrivato all'allora sindaco Graziano Delrio dal consigliere comunale del Pd Salvatore Scarpino. Che fece "gli onori di casa" per il funzionario dicendo al primo cittadino: "Di lui ci si puo' fidare". L'incontro, raccontato oggi dallo stesso Scalzulli sentito come testimone della Corte nel processo contro la 'ndrangheta Aemilia, avvenne "in sala del Tricolore" tra l'aprile e il maggio del 2009 (quando Delrio era in piena corsa elettorale per la rielezione) e duro' "una decina di minuti". Con "il senno di poi- riferisce il testimone- ho capito che l'impressione che si voleva dare era che con me al catasto non sarebbe cambiato nulla". C'e' poi un altro politico chiamato in ballo da Scalzulli, il deputato del Pd Maino Marchi, a cui si rivolse chiedendo aiuto per denunciare le irregolarita' scoperte nell'ufficio che dirigeva. "Con Marchi- afferma l'ex direttore dell'Agenzia del territorio di Reggio- avevo un lungo rapporto perche' stavamo lavorando ad una legge sulla legalita' (il deputato e' membro della commissione Antimafia, ndr)". Come emerso nei mesi scorsi dagli atti il parlamentare si sarebbe rifiutato per non compromettere un certo "equilibrio". Per questo Marchi ha annunciato querele contro Scalzulli.

A dare il via alla penetrazione della 'ndrangheta al nord "e' stato il soggiorno obbligatorio, una scelta infelice che ha prodotto dei danni, ha portato presenze in zone dove non c'erano". Ma nel caso specifico di Reggio Emilia, dove si celebra il maxi processo Aemilia contro la "locale" criminale di Cutro, "probabilmente i cutresi sono arrivati anche prima, negli anni '70. Come in tutti i fenomeni di immigrazione accanto ai lavoratori arrivano i criminali". Parola di Enzo Ciconte, studioso di mafie e per anni consulente per la legalita' del Comune di Reggio, ascoltato oggi nel processo come testimone della Corte. Spiega Ciconte: "I soggiornanti obbligati che sono venuti qui e i lavoratori che sono venuti qui, hanno capito che qui avete la nebbia, non avete il mare che abbiamo noi, ma avete i soldi. Fanno una scelta di venire apposta. Vengono a lucrare qua". In merito al discorso della presenza criminale fin dagli anni '70, lo studioso cita anche "un personaggio come Francesco Fonti che e' stato mandato apposta dalla sua cosca ad organizzare il traffico degli stupefacenti, fra Reggio Emilia e Modena". (Cai/ Dire)