Chiesti 3 anni di reclusione per il consigliere regionale Francesco D'Agostino

dagostinofrancescoconsigliereregionale 500di Angela Panzera - Ammontano ad oltre 70 anni di carcere le richieste di condanna invocate dal pm antimafia Giulia Pantano al gup Olga Tarzia per gli imputati del processo abbreviato scaturito dall'inchiesta "Alchemia"; l'indagine ha colpito le cosche "Raso-Gullace-Albanese" attive a Cittanova con ramificazioni in Liguria e Parrello di Palmi. Al gup distrettuale l'accusa, rappresentata anche dal pm Roberto Di Palma ha chiesto la condanna a 3 anni di detenzione per il consigliere regionale Francesco D'Agostino, uno dei principali imprenditori calabresi attivi nel settore ittico. Quest'ultimo imputato, difeso dal legale Guido Contestabile, è accusato del reato di intestazione fittizia di beni aggravata dall'aver agevolato la 'ndrangheta in concorso con Girolamo Giovinazzo, Francesco Gullace e Girolamo Raso (deceduto). Per la Dda reggina l'ex vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, con la sua storica ditta "Stocco e stocco", è da ritenere un avamposto della cosca Gullace di Cittanova ed è per questo che va condananto. In un primo momento gli inquirenti chiesero per lui l'arresto che però, fu negato dal gip Barbara Bennato. Il patron del pesce stocco sta affrontando infatti, il processo da imputato a piede libero. Stando al capo di imputazione la ditta attiva nel settore della vendita all'ingrosso di gelati, prodotti ittici e alimentari sarebbe intestata fittiziamente al D'Agostino ma, di fatto sarebbe di Girolamo Giovinazzo detto Jimmy, e di Francesco Gullace.

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Il tutto per aggirare la legge da un'eventuale aggressione ai patrimoni mafiosi. Per il gip Bennato invece, «l'assunto accusatorio – non è condivisibile, essendo dalle indagini emersa una immanente accessibilità all'azienda da parte degli indagati, leggibile piuttosto attraverso la contestualizzazione dell'attività aziendale esercitata in territori nei quali, nulla si muove ed alcuna iniziativa si intraprende senza il controllo delle cosche ivi imperanti che, anche nel corso della gestione delle imprese, non lesinano di atteggiarsi a "padroni" della stessa, le cui prestazioni e partecipazione sono gratuitamente dovute, in forza di un genetico compromesso».
In buona sostanza per il Gip è fisiologico lo strapotere delle 'ndrine, ma non sempre ciò vuol dire che le aziende siano direttamente loro. Un assunto che si discosta da anni e anni di giurisprudenza in tal senso, ma che nel luglio dello scorso anno portò il Gip a non condividere gli indizi di colpevolezza raccolti in anni e anni di indagine da parte della Procura Antimafia. Ad indicare la "Stocco e Stocco" come impresa delle 'ndrine è stata in passato Teresa Ostarteg, ex moglie di Vincenzo Mamone, parente degli uomini del clan. Proprio nel corso di conversazioni familiari, la donna avrebbe appreso che l'azienda era in realtà di proprietà di Francesco Gullace, fratello di Carmelo Gullace che gli inquirenti considerano il boss della Liguria. Un altro tassello investigativo è composto dalla conversazione intercettata fra le sorelle Luciana e Mimma Politi del 15 marzo 2010 nel corso della quale le donne "commentando la decisione dei vertici della cosca di allontanare Jimmy Giovinazzo dalla Calabria a seguito dei controlli della Guardia di Finanza e dei problemi giudiziari che ne erano conseguiti, asserivano che era intenzione di Carmello Gullace "cacciare" Jimmy dalla gestione delle varie attività imprenditoriali, per poter "stare più tranquillo con questo dello stocco", non avendo più convenienza che Giovanazzo restasse in Calabria, potendo creare intralci agli altri interessi dei fratelli Gullace".

Un altro elemento sarebbero poi i continui contatti telefonici fra Francesco D'Agostino e Jimmy Giovinazzo nonché le telefonate intercorse fra Antonio Scullari, cugino di D'Agostino, e Giovinazzo. Per La Dda la circostanza infine che «per ben due volte Mommo Raso si era rifornito gratuitamente di stoccafisso presso il negozio "Stocco e Stocco"» sarebbe un grave indizio di colpevolezza, me per il Gip non bastò. Adesso quindi toccherà al gup Tarzia decidere se sposare la tesi dell'accusa o quella della difesa. Il legale di D'agostino, Guido Contestabile, affronterà la propria arringa il 17 ottobre, data in cui si registrerà la prossima udienza del processo "Alchemia".

Ecco nel dettaglio le richieste invocate dal pm Pantano al Gup Tarzia:

Fabrizio Accame 10 anni di reclusione

Adolfo Barone 8 anni di reclusione

Pietro Barone 6 anni e 4 mesi di reclusione

Massimiliano Corsetti 8 anni di reclusione

Francesco D'Agostino 3 anni di reclusione

Salvatore Mazzei 3 anni di reclusione

Mario Parrello 6 anni e 4 mesi di reclusione

Pietro Pirrello 8 anni di reclusione

Antonino Raso (classe 1988) 10 anni di reclusione

Giuseppe Raso 9 anni e 4 mesi di reclusione

Luigi Taiano 8 anni di reclusione

Annunziato Vazzana 3 anni di reclusione