Omicidio Caccia, Schirripa: "Capro espiatorio, farò sciopero della fame"

caccia bruno500"Sono il capro espiatorio che l'accusa voleva trovare a tutti i costi. Non c'è niente di più facile che dare la colpa a uno che ha precedenti con la giustizia e che è calabrese". Lo ha detto Rocco Schirripa, rendendo dichiarazioni spontanee in aula davanti alla Corte d'Assise di Milano e nel processo che lo vede imputato come esecutore materiale dell'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia, ucciso dalla 'ndrangheta nel 1983. "Sono terrone e sono compare di Domenico Belfiore (già condannato in via definitiva all'ergastolo come mandante dell'omicidio del magistrato, ndr) - ha aggiunto l'imputato - dunque sono il soggetto perfetto per l'accuse".

--banner--

L'ex panettiere ha ribadito la sua "innocenza" e ha annunciato anche che, in caso di condanna, inizierà "lo sciopero della fame". Il pm Marcello Tatangelo ha chiesto l'ergastolo per Schirripa, arrestato nel dicembre 2015 dopo oltre 30 anni dai fatti, e i giudici sono entrati in camera di consiglio per il verdetto, atteso nel pomeriggio.

Sono consapevole del rischio dello sciopero della fame - ha detto Schirripa davanti alla Corte, presieduta da Ilio Mannucci Pacini - ma sono sicuro che la mia famiglia mi comprenderà. Meglio piangere una volta che per tutta la vita". Schirripa ha aggiunto che in questo processo "non ci sono prove concrete" contro di lui, ma che si sarebbe dovuto percorrere "altre strade" nella ricerca del killer di Caccia. "Non sono un uomo spietato e senza cuore, ma un padre di famiglia che ha avuto problemi con la giustizia", ha spiegato ancora. Secondo il pm Tatangelo, Schirripa avvrebbe freddato a colpi di pistola il procuratore torinese Bruno Caccia, come "prova di coraggio" per affiliarsi alla 'ndrangheta. Schirripa, come ricostruito nella requisitoria del pm nelle scorse udienze, "è oltre ogni ragionevole dubbio" l'esecutore materiale dell'omicidio, che fu la prova della sua fedeltà a Domenico Belfiore, a capo dell'omonimo clan e già condannato all'ergastolo in via definitiva come mandante. Un errore procedurale della Procura, lo scorso 30 novembre, aveva portato all'annullamento del processo a carico di Schirripa che era già in corso e che poi è dovuto ripartire da capo. Oggi si conclude in primo grado.