'Ndrangheta: delitto boss Femia, un'assoluzione in appello

toghe 500altraDue condanne e un'assoluzione. Con questa decisione si è chiuso il processo d'appello che vedeva Massimiliano Sestito e i fratelli Antonio e Francesco Pizzata imputati come componenti della 'cellula' 'ndranghetista che nel gennaio 2013, in località Castel di Leva, all'estrema periferia di Roma, uccise il boss calabrese Vincenzo Femia. Dopo una lunga camera di consiglio è arrivata la condanna all'ergastolo di Sestito e a 25 anni di carcere di Francesco Pizzata (per quest'ultimo riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti del 'metodo mafioso' e della premeditazione), e l'assoluzione 'per non aver commesso il fatto' di Antonio Pizzata. In primo grado i tre erano stati condannati tutti all'ergastolo. Femia era ritenuto personaggio di primo piano nella malavita della Capitale, con diversi precedenti tra cui associazione mafiosa e appartenenza alla cosca di San Luca, conosciuta per la strage di Duisburg del 2007. Fu trovato morto il 24 gennaio 2013, ucciso con numerosi colpi di pistola mentre era dentro l'auto della moglie. Lo spessore criminale della vittima e le modalità dell'omicidio indussero gli investigatori a ricondurre il delitto a un contesto di tipo mafioso. Tutto rimase però oscuro fino a quando Gianni Cretarola, diventato collaboratore di giustizia (e per questi fatti giudicato separatamente col rito abbreviato), con le sue dichiarazioni fece luce sul delitto. Confessò di far parte della cellula 'ndranghetista e che il reale movente dell'omicidio era da ricollegare i contrasti insorti nella spartizione del mercato della droga nella capitale (160 chili di cocaina colombiana trasportati a Roma dalla Spagna nell'agosto 2012). Il compito del collaboratore (che, oltre a descrivere le modalità dell'azione, indicò i partecipanti e addirittura il numero dei colpi esplosi) era stato quello di accompagnare Femia al posto individuato per l'agguato.

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