Traffico di droga dalla Colombia, al boss nel porto di Livorno il 5% della cocaina

livorno portoOltre ai 20.000 euro mensili con cui si assicuravano i suoi servizi, i committenti delle cosche calabresi compensavano Riccardo Del Vivo cedendogli anche il 5% di cocaina della Colombia (al 90% di purezza) che con la sua organizzazione di portuali ingaggiati nello scalo riusciva a far uscire dal porto di Livorno. E' quanto emerge dalle indagini dei carabinieri di Livorno e della GdF di Pisa. Del Vivo, pregiudicato livornese con 18 condanne in passato - anche una per un omicidio nel 1984, pena 24 anni -, si era accreditato presso i clan della 'ndrangheta come unico referente per le operazioni illegali da svolgere al porto potendo contare su soggetti da lui corrotti, i cosiddetti 'pesci'. La droga arrivava nell'ambito delle operazioni mercantili; il problema dei trafficanti era portarla via senza farsi notare e c'era bisogno del supporto di personale compiacente nello scalo. Dei 10 arrestati nell'operazione 'Akuarius 2', ora sette sono in carcere e tre ai domiciliari.

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Il gip di Firenze Angelo Pezzuti ha ravvisato gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati e ha deciso la custodia cautelare in carcere per Riccardo Del Vivo, 67 anni di Livorno; Domenico Lentini, 49 anni originario di Oppido Mamertina (Reggio Calabria), residente a San Marcello Pistoiese (Pistoia), considerato dagli inquirenti il rappresentante in Toscana della cosca Piromalli-Molè; Gino Giovannetti, 65 anni di Livorno; Massimo Bulletti, 64 anni di Livorno; Emanuele Galia, 52 anni di Livorno. Il gip ha inoltre stabilito i domiciliari per i livornesi Ivano Sighieri, 66 anni; Marco Corolini, 39 anni; Luca Adami, 28 anni; Gabriele Bandinelli, 40 anni; Luis Aldo Damian Lemucchi, 26 anni, originario dell'Argentina. Ma Bandinelli e Lemucchi sono stati raggiunti in carcere dalle fasi precedenti dell'inchiesta quando il 12 settembre 2016 furono sequestrati alla banda 134 chili di cocaina che era stata appena fatta uscire dal porto e che venne collocata, fino all'intervento degli investigatori, davanti alla casa di Del Vivo, nel centro di Livorno, dove nelle previsioni della banda sarebbe rimasta tutta una notte vigilata a mano armata prima della consegna alla cosca committente. Il gip ha stabilito anche due misure interdittive per le guardie giurate che coprivano gli ingressi nel porto della banda: per 12 mesi non possono svolgere l'attività. C'erano anche due donne con compiti logistici nell'organizzazione tosco-calabrese: indagate, il pm ha chiesto l'arresto anche per loro, ma il gip ha respinto la richiesta e sono rimaste in libertà.