Poste Italiane condannata su ricorso dell’Unione Nazionale Consumatori Calabria per i buoni postali fruttiferi dimezzati

"Patti chiari, amicizia lunga" a farne le spese è Poste Italiane ed è quanto succede quando non si rispettano gli accordi presi, nel caso specifico riguardante i buoni postali fruttiferi.

E'quanto sostiene l'Avv. Saverio Cuoco, presidente regionale dell' Unione Nazionale Consumatori Calabria a seguito della sentenza di condanna emessa dal Giudice di Pace di Reggio Calabria e depositata lo scorso 02 maggio 2016.

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Ai buoni postali si rivolgono soprattutto investitori poco esperti: casalinghe, pensionati, o addirittura bambini, a cui venivano regalati per quando fossero diventati grandi. Ma nel lungo termine si sono rivelati un investimento molto azzeccato e remunerativo, a fronte di un rischio pari a zero, visto che i buoni sono un prodotto emesso da Cassa Depositi e Prestiti e garantito dallo Stato «purché i patti siano rispettati», ribadisce l'avv. Cuoco ed ogni buono riporta chiaramente il nome del titolare, il taglio, la scadenza (da 5 a 30 anni) e la progressione degli interessi.

Questo è un punto fondamentale, perché il risparmiatore legge sul suo buono in che misura il suo capitale si rivaluta, anno dopo anno, in modo prestabilito e l'incasso avviene solo alla fine, quando il buono scade o se si decide diversamente, anche prima della scadenza.

Il primo consiglio utile che l'associazione da agli utenti che si recano agli uffici postali, per riscuotere i buoni postali e di non firmare assolutamente alcuna liberatoria se dovessero corrispondere meno di quanto era stato promesso, stanno compiendo un inganno, a questo punto chiedete prima di incassare, assistenza ad un legale o ad un'associazione dei consumatori per redigere una raccomandata in cui specificate di considerare il pagamento come soltanto parziale e vi riservate di agire in giudizio per ottenere la differenza.

E' quanto successo ad alcuni utenti postali rivoltisi all'Unione Nazionale Consumatori Calabria che assistiti dall'Avv. Giuseppe Cotroneo, legale dell'associazione, convenivano in giudizio Poste Italiane per la differenza tra quanto avrebbero dovuto percepire sulla scorta di quanto pattuito al momento dell'acquisto dei buoni postali e quanto liquidato da Poste all'atto della riscossione degli stessi.

Infatti buoni postali acquistati nel 1999 e riscossi nel 2013 hanno subito una ingiusta sottrazione (quasi il dimezzamento) di quanto pattuito all'atto della sottoscrizione, con la negazione dell'importo che doveva essere corrisposto secondo le condizioni riportate sui titoli che prevedevono la possibilità di ottenere, alla scadenza, il doppio (dopo 9 anni e 6 mesi) o il triplo (dopo 14 anni) della somma investita al momento della sottoscrizione.

Poste Italiane viceversa ancora oggi, in virtù di una legge del 1986 (detta Gava-Goria), cerca fraudolentemente di decurtare gli interessi certificati sul retro dei buoni postali fruttiferi, adeguandoli ai livelli indicati dai decreti ministeriali di emissione delle varie serie, incurante sia di quanto prevede il D.P.R. 156 del 1973 che statuisce la priorità del principio del vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore all'atto della sottoscrizione del buono stesso, sia della sentenza della Cassazione del 2007 che sancisce il diritto del risparmiatore a riscuotere la somma per come indicata sul buono fruttifero e non quella stabilita dalle modifiche ministeriali.

Per tali motivi, Poste Italiane è stata condannata a corrispondere la differenza tra quanto rimborsato e quanto avrebbe dovuto essere restituito ai ricorrenti in ragione delle condizioni contrattuali riportate sui buoni, nonché al pagamento delle spese processuali.